E' bello quando un tuo commento ispira qualcuno a scriverci un post, e fa ancora più piacere se quel qualcuno te lo dedica.
Questo è ciò che è successo a me alcuni giorni fa:
Post per Rory, in risposta a "mamme alla ricerca di ...." (lavoro, ovviamente!)
Questo mio post nasce come risposta, nonchè ringraziamento, a Mammadesign, per la sua gentilezza.
E ora racconto la mia esperienza.
Io lavoro da quando avevo 23 anni. Da quando, il quinto anno di università, persi la borsa di studio che mi dava vitto e alloggio qui a Roma e dovetti andare in appartamento con altre ragazze.
I miei genitori non navigavano certo nell'oro e mantenere una figlia all'università in appartamento è una cosa costosissima. Tutti gli studenti "fuori sede" lo sanno bene.
Così mi sono cercata il mio primo "lavoro serio" e da allora ho sempre lavorato, con varie "forme contrattuali, se così si può dire: ritenuta d'acconto, contratto a progetto, partita IVA e relativa fattura e in alcuni casi anche in nero (piccoli lavoretti).
Tutto pur di non dipendere da nessuno!
Non ho mai avuto la fortuna di avere un posto fisso ma, come libera professionista, raramente sono rimasta senza lavoro, pur avendone cambiati diversi.
La differenza è che quando una libera professionista resta incinta non ha nessun "paracadute economico": niente permessi pagati per fare degli esami, niente malattia pagata, niente di niente.
I giorni che non lavori, semplicemente non guadagni.
Nella prima gravidanza ho lavorato fino al settimo mese e mezzo, e prendevo due autobus e la metro per andare al lavoro.
Nella seconda gravidanza, invece, ho smesso di lavorare al terzo mese: troppe nausee e la pressione troppo bassa.
Il primo anno di vita di entrambi i miei bambini me lo sono voluto godere! Volevo esserci in tutti quei momenti e in quelle piccole scoperte che non tornano più!
Tornare a lavorare, dopo, non è stato affatto facile: non avendo nessuno dei nonni vicini (tutti a 600 km di distanza!) avevo solo due alternative: l'asilo privato o una baby-sitter! Pur di lavorare, io li ho sperimentati entrambi!! Tra innumerevoli liti coniugali! Metà di ciò che guadagnavo andava a loro, e a mio marito non andava giù. Perchè non basta avere una moglie che ha voglia di lavorare; devi essere una moglie e una mamma a tempo pieno...ma lavoratrice part-time! Mi sono sempre chiesta se il suo atteggiamento sarebbe stato diverso se fossi stata costretta a prendere l'asilo privato avendo io un posto fisso!
Eppure guadagnavo più di quanto avrei guadagnato in un call center.
Avere la mia indipendenza economica mi ha sempre fatto star bene.
E poi non era colpa mia se l'asilo pubblico "non ci spettava"! Mica è facile "rientrare in graduatoria".
La verità è che, in Italia, se una donna è senza lavoro non ha speranze di avere un posto in un asilo pubblico per il proprio figlio (al nido è ancora più difficile) ma, paradossalmente, se non può usufruire dell'asilo pubblico non può tornare a lavorare! Un vicolo cieco!
Io e mio marito decidemmo entrambi che io "lavorassi meno" per seguire meglio i bambini, ma ora questo si ritorce solo contro di me, perchè le ore a mia disposizione per lavorare "fuori casa" sono ridotte: mio figlio esce da scuola alle 14 e non posso certo pretendere che, a 12 anni, abbia le chiavi di casa e si prepari da solo il pranzo. Neanche lo voglio.
Perciò, dovrei trovare un lavoro non troppo distante da casa...dalle 9 alle 13. Così avrei il tempo di portare i bambini a scuola, tornare a preparare il pranzo, rassettare casa, fare la spesa, il bucato, stirare e poi preparare la cena!!
Che marito felice che avrei!! E chissà se avrei anche un pò più di considerazione!
Qualcuno gli dica che "l'isola che non c'è" non esiste!
Qualcuno gli spieghi cos'è l'Utopia!
Qualcuno gli dica che la moglie che ha, va anche bene così com'è.
Lo so bene che a 41 anni sono tagliata fuori dal mondo del lavoro "regolare"...ma qualcosa mi invento, mio blog...
Fammi solo riprendere un pochino...