E'solo vita vissuta ormai...è tutta in me e fa parte di ciò che sono...e, forse, anche di ciò che sarò.
Dovrò decidermi a buttarli per far spazio ai diari e alla vita dei miei figli...perchè è quella che devo "conservare" e "proteggere"...
In uno di quei diari "da ragazzina", però, ho trovato questa poesia...e, giuro, che rileggerla in questo particolare momento della mia vita, mi ha dato una stranissima emozione...
Per cui...ho deciso di pubblicarla.
Vieni con me a sederti, Lidia, in riva al fiume.
Fissiamo calmamente il corso suo e impariamo
che la vita passa, e non teniamo le mani intrecciate.
(Intrecciamo le mani).
Pensiamo poi, bambini adulti, che la vita
passa e non resta, niente lascia e mai ritorna,
va verso un mare remoto, presso il Fato,
più degli dèi lontano.
Disgiungiamo le mani, perché non val la pena di stancarci,
che godiamo o non godiamo, passiamo come il fiume.
E' meglio saper passare silenziosamente
e senza grandi inquietudini.
Senza amori, né odii, né passioni che alterano la voce,
né invidie che troppo movimento danno agli occhi,
né cure, ché se il fiume li avesse correrebbe ugualmente
e sempre andrebbe al mare.
Amiamoci tranquillamente, pensando che potremmo,
volendo, scambiarci baci e abbracci e carezze,
ma che è meglio stare seduti uno accanto all'altro
sentendo il fiume che scorre e vedendolo.
Cogliamo fiori, prendili tu e lasciali sul grembo,
e che il loro profumo renda soave il momento -
questo momento in cui tranquillamente non crediamo in niente,
innocenti pagani della decadenza.
Almeno se sarò ombra prima, ti ricorderai poi di me
Senza che il mio ricordo ti bruci o ti ferisca o ti commuova,
perché mai intrecciammo le mani, né ci baciammo,
né fummo altro che bambini.
E se prima di me tu porterai l'obolo al fosco nocchiero,
niente dovrò soffrire ricordandomi di te.
Mi sarai soave memoria, ricordandoti così - in riva al fiume,
pagana triste e con dei fiori in grembo.